L’influenza causa nel mondo un rilevante numero di decessi l’anno. Per prevenire e ridurre le più gravi conseguenze, oltre alle vaccinazioni, che incontrano, però, sempre più difficoltà nei programmi di attuazione, si possono impiegare i sistemi sentinella – con l’intervento dei medici di base e pediatri – o i più evoluti sistemi digital. Studi effettuati per intervenire sulla diffusione dei virus dimostrano che i dati raccolti dai Fitbit possono individuare, anche con certo anticipo, l’andamento delle sindromi influenzali e para-influenzali. Rappresenterebbero una alternativa più precisa e realista, rispetto anche ai dati derivanti da algoritmi che prendono in esame le ricerche effettuate dagli utenti.
Autore: Prof. Luca Pani, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (pagina personale)
Alcune previsioni, non sempre le migliori, si avverano prima di quanto dovrebbero. Avevamo descritto qualche anno fa come una delle prossime frontiere della Salute Digitale sarebbe stata la capacità di sensori e dispositivi mobili indossabili di fornire informazioni essenziali in aree di interesse completamente diverse da quelle per cui erano stati progettati. Il mese scorso un manoscritto interessante ha dimostrato come il battito cardiaco a riposo e la durata del sonno raccolti da un braccialetto Fitbit potessero informare con precisione e con un certo anticipo sugli andamenti delle sindromi influenzali e para-influenzali nella popolazione generale.
L’influenza uccide circa 650.000 persone ogni anno nel mondo, prevalentemente tra le categorie a rischio, tra cui bambini sotto i 4 anni e anziani oltre i 65 anni. Nonostante questo, la vaccinazione che, come sappiamo, è il singolo trattamento con maggiore efficacia contro questa patologia potenzialmente letale, viene eseguita con fatica e con percentuali largamente inferiori a quelle desiderabili.
Un altro modo per cercare di ridurre le conseguenze delle sindromi influenzali e para-influenzali sarebbe quello di anticipare, con almeno una o due settimane, l’emergere di un nuovo focolaio mediante sistemi sentinella, come quello dei medici e dei pediatri in Italia, o con metodi digitali che usino informazioni che provengono da decine di milioni di dati per ovviare alla necessità di certificarli individualmente con certezza (il che porrebbe anche problemi di privacy, naturalmente). Studi precedenti hanno usato gli algoritmi di Google Flu Trends e quelli di Twitter che, però, tendono a sovrastimare il numero di pazienti, soprattutto al momento del picco influenzale, perché molti di noi potrebbero cercare parole come “febbre”, “influenza”, “virus” o “raffreddore” senza essere realmente ammalati, o tantomeno ammalarsi in quella particolare stagione influenzale. Questo eccesso di segnalazione “digitale” costringe le istituzioni preposte a controllare la veridicità dei dati prima di dichiarare, per esempio, la gravità dell’epidemia e la rapidità della sua diffusione territoriale.
Al momento attuale, negli Stati Uniti, il ritardo con cui i numeri sull’emergenza di un’epidemia influenzale raggiunge il Center for Diseases Control (CDC) è di almeno due settimane, e la successiva revisione e conferma dei dati può impiegarcene altrettante. Si tratta di tempi intollerabili per delle organizzazioni sanitarie che devono essere efficienti.
Il lavoro pubblicato dall’Istituto per la Ricerca Traslazionale dello Scripps si basa su oltre 13 milioni di dati univoci, provenienti da circa 48.000 Fitbit, indossati da altrettanti volontari, che sono risultati in una migliore correlazione (+33%) con i dati del CDC e che mostravano valori di concordanza per 5 stati americani da un ragguardevole 0,84 (New York) a uno straordinario 0,97 (California). Da notare il fatto che sia l’aumento del battito cardiaco, che del tempo di sonno, erano rappresentativi di quanto stava realmente accadendo nella settimana in cui l’individuo presentava i primi sintomi e si ammalava di influenza, e non erano invece in grado di predire cosa sarebbe successo nella settimana successiva. In altri termini questi dispositivi non riescono, almeno per il momento, a capire quando una persona sta per ammalarsi suggerendo che, probabilmente, l’organismo resta “in equilibrio” sino a quando l’infezione non diventa sistemica e prevale. Ciò su cui, invece, i dati sono informativi è la capacità di “vedere” come l’epidemia si sta muovendo dai primi focolai verso quelli successivi, che è certamente di grande utilità ai fini della prevenzione e per evitare le conseguenze più gravi dell’influenza.
Per comprendere a pieno il significato della ricerca e le grandi potenzialità di una simile tecnologia, basti pensare che gli studiosi sono partiti da oltre 200.000 utenti Fitbit, con oltre 65 milioni di misurazioni delle frequenze cardiache e dei periodi di sonno, per poi costruire un database più omogeneo possibile per arrivare alle correlazioni descritte. In tempi di Coronavirus, in cui i virus “girano il mondo” senza apparente controllo, si tratta di una possibilità in più utilissima per coloro che si occupano di politiche di salute sanitaria su scala mondiale e non solo.
Approfondimenti: JM Radin, NE Wineinger, EJ Topol, SR Steinhubl – Harnessing wearable device data to improve state-level real-time surveillance of influenza-like illness in the USA: a population-based study