La Medicina sta evolvendo verso principi di predizione, prevenzione, personalizzazione, partecipazione, possibili grazie a un impiego sempre più diffuso di tecnologie e di sistemi digitali che adottano IA. In questo contesto la Etica e la Bioetica sono discipline che registrano l’aumento degli ambiti di loro applicazione, anche per consentire, nel rispetto della Persona, confronti tra professionalità che possono attuare proficui miglioramenti dei servizi sanitari di cura e assistenza.

Autore: Dott.ssa Alessandra Aita (pagina personale)

La Bioetica è una disciplina nata e diffusa in tempi moderni – il cui termine deriva dal greco, “bios”, vita, ed “èthos”, norme, valori, “etica della vita” – e va intesa come l’etica delle sperimentazioni in campo medico e biologico. Nasce in un contesto multidisciplinare e racchiude al proprio interno aspetti molto vari su materie quali: la medicina, la biologia, la filosofia, la filosofia della scienza, la bioetica clinica, la giurisprudenza, il biodiritto, la sociologia, la psicologia e la biopolitica.

La Bioetica si occupa, pertanto, di tutte le questioni e le controversie morali in ambito medico-biologico e si evolve in parallelo al progredire della scienza e della ricerca.

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la Ricerca Biomedica ha portato a importanti progressi in settori quali: il trapianto di organi, la procreazione, la clonazione dei mammiferi e dell’uomo in particolare, la genetica e le terapie cellulari che portano nuove sfide e problematiche di tipo bioetico.

Il Codice di Norimberga (1947) e la Dichiarazione di Helsinki (1964) hanno posto le basi per i principi da applicare alla ricerca biomedica. In molti Paesi, e successivamente a livello internazionale, sono sorte intense discussioni sui principi etici da applicare alle attività biomediche, sia nella medicina quotidiana, sia nella ricerca che nelle nuove tecnologie.

Per la prima volta si parla, in ambito accademico, di Bioetica nell’articolo “The science of survival” (1970) a opera dell’oncologo americano Van Rensselaer Potter, il quale la considera come una disciplina in grado di poter offrire un accordo tra le conoscenze scientifiche e quelle umanistiche, un ponte che collega le scienze sperimentali e quelle umane. Nel 1971, il Kennedy Institute of Ethics (presso la Georgetown University), la definisce come la “disciplina omnicomprensiva dei nuovi problemi sollevati dalla biologia molecolare” (A. Hellegers). In quegli stessi anni iniziano a emergere le domande di fondo della disciplina: come formulare la teoria generale sul valore della vita; come stabilire un consenso unanime sulla natura del feto e l’inizio della vita (l’embrione è solo un insieme di cellule?); quali sono le caratteristiche che definiscono una vita.

Dagli anni ´70 in poi sono sorti molti enti, centri e comitati pubblici di Bioetica. Nel 1985 il Consiglio d’Europa ha incluso la Bioetica tra le sue attività, con l’obiettivo di stabilire un quadro per la protezione degli esseri umani e promuovere il progresso scientifico a beneficio dell’umanità. Nel 1990 nasce il Comitato Nazionale per la Bioetica in Italia, quale organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri; in tutte le Regioni si diffondono, e tuttora sono presenti, i Comitati Etici, composti da personale medico e paramedico, con l’apporto di esperti in psicologia, filosofia, sociologia e materie giuridiche, statistiche e epidemiologiche.

Nel 1992, a livello europeo, è stato istituito il Comitato Direttivo di Bioetica (CDBI), la cui missione è quella di studiare i problemi etici (in particolare le sfide per i diritti umani) sollevati dal progresso delle scienze biomediche e di elaborare strumenti legali per affrontare tali problemi. Nel 1997 è stato adottato il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante in questo campo, la Convenzione sui Diritti Umani e la Biomedicina (Convenzione di Oviedo), che ha stabilito un quadro giuridico per la protezione dei diritti e si applica sia alla medicina quotidiana, sia alle nuove tecnologie della biologia e della medicina umana. Nel 2012 le competenze del CDBI sono state ampliate, mediante l’istituzione del Comitato di Bioetica (DH-BIO) – direttamente collegato al Comitato Direttivo per i Diritti Umani (CDDH) -, i cui compiti sono relativi alla genetica e alle biobanche, per contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica su tali tematiche. Successivamente, la Convenzione è stata aggiornata mediante vari protocolli aggiuntivi e vincolanti per i paesi firmatari:

  • nel 2001: divieto di clonazione di esseri umani;
  • nel 2006: disciplina del trapianto di organi, per evitare il traffico di organi e tessuti;
  • nel 2007: sulla ricerca biomedica, affermando che – mentre il progresso della scienza e della pratica biomedica dipende dalla conoscenza e dalle scoperte che richiedono la ricerca sugli esseri umani – è fondamentale proteggere la dignità, i diritti, la sicurezza e il benessere di tutti gli esseri umani che partecipano alla ricerca;
  • nel 2008: relativamente ai test genetici effettuati non a scopo di ricerca, ma a scopo sanitario – come, ad esempio, i test predittivi che servono a individuare una predisposizione genetica o una suscettibilità genetica a una malattia, o i test che servono a identificare il soggetto quale portatore sano di un gene responsabile di una malattia -.

Costanti e continue sono le discussioni dei ricercatori, che si confrontano sui principi della bioetica, sul miglioramento del consenso informato, sui protocolli di ricerca, sulle linee guida internazionali (es. good clinical practice), influenzando anche i decisori degli enti regolatori.

Oggi, alcuni dei temi correnti della disciplina riguardano:

  • la clonazione: la possibilità di clonare esseri umani solleva questioni etiche riguardanti la dignità umana e i diritti delle persone create attraverso questo processo;
  • la manipolazione genetica: la possibilità di modificare il DNA degli esseri viventi solleva questioni etiche riguardanti la manipolazione della vita e gli effetti a lungo termine di queste modifiche;
  • la distribuzione dei farmaci e delle cure mediche: questioni etiche riguardano l’accesso alle cure mediche e ai farmaci, in particolare per le persone che vivono in aree a basso reddito o in paesi in via di sviluppo;
  • il biodiritto: disciplina numerose situazioni che coinvolgono gli aspetti dell’essere umano (dalla nascita, alla qualità della vita, sino alla morte). L’eutanasia e la fine della vita sono le questioni etiche che incidono sul diritto all’autodeterminazione del paziente sulle scelte di fine vita; riguardano la decisione di interrompere artificialmente la vita di una persona e i criteri per determinare quando è eticamente accettabile farlo. La scienza ha, infatti, introdotto modalità che permettono, all’individuo gravemente malato, di porre fine alla sua esistenza; ma la stessa tecnologia rende possibile mantenere in vita soggetti che, con tutta probabilità, in passato sarebbero andati incontro alla morte in maniera naturale e rapida;
  • la sperimentazione su animali: l’utilizzo degli animali, per la sperimentazione pre-clinica in laboratorio, solleva questioni etiche riguardanti la loro sofferenza e il loro benessere.

Tutte le questioni e le problematiche relative alla Bioetica fanno parte ormai quotidianamente degli interessi dell’opinione pubblica, sollevando dubbi, curiosità e facendo nascere opinioni discordanti, che alimentano il dibattito pubblico. In anni più recenti, in questo contesto in continua evoluzione, si inserisce la questione dell’uso dei Big Data nella ricerca biomedica.

La Bioetica e i Big Data hanno una relazione complessa e in progressione. Da un lato, l’analisi dei grandi dati può fornire informazioni importanti per la ricerca medica, per la prevenzione e il trattamento delle malattie (come l’analisi dei dati dei pazienti che può aiutare a identificare i fattori di rischio per determinate malattie e a sviluppare nuove terapie). Dall’altro lato, la raccolta e l’analisi di grandi quantità di dati personali solleva questioni etiche riguardanti la privacy e la tutela dei dati personali (ad esempio, per il timore che i dati personali dei pazienti vengano utilizzati in modo improprio, o che vengano condivisi senza il consenso degli interessati). A questo si aggiunge l’utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico che, nell’analisi dei dati, può portare a problemi di bias, poiché i dati raccolti e utilizzati per addestrare gli algoritmi possono trasmettere pregiudizi e discriminazioni nei confronti di alcune minoranze della popolazione.

LA MEDICINA PREDITTIVA

Il termine 4P Medicine è stato coniato dallo scienziato Leroy Hood, nel 2013, per definire la capacità di integrare enormi moli di dati provenienti da diversi strumenti, dipendente dallo sviluppo delle 3 tendenze: medicina sistemica, dati generati dagli individui (Internet-Of-Things, social network) e rivoluzione digitale.

Le 4P si riferiscono ad aspetti che caratterizzeranno la medicina del futuro:

  • Preventiva: si riferisce a tutte le informazioni che riguardano il genoma umano e che a breve faranno parte della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico di ciascun individuo;
  • Personalizzata o di Precisione: l’intelligenza artificiale potrà fare screening e individuare all’istante le persone a rischio per specifiche patologie;
  • Predittiva: per l’opportunità di predire e pianificare le misure più adatte a cercare di evitare l’insorgere di malattie genetiche, tumorali, infettive, degenerative;
  • L’individuo-paziente sarà chiamato a partecipare (Partecipativa) alla costituzione e alla crescita di una coscienza di salute collettiva,
  • perché l’obiettivo della medicina sarà la Persona, sana o malata, non più la malattia.

L’analisi predittiva si basa su algoritmi molto sofisticati che, navigando all’interno di enormi database, sono in grado di elaborare precise previsioni su comportamenti futuri e trovare correlazioni tra questi.  

La medicina predittiva, attraverso l’analisi del DNA, permette di predire se insorgerà una determinata patologia genetica e se la sua azione potrà svilupparsi in tempi diversi: es. eseguendo l’analisi di cellule fetali è possibile sapere se il nascituro presenta la mutazione responsabile della distrofia muscolare, che, nel caso di prima infanzia, si traduce nella malattia di Duchenne, mentre in età avanzata, la malattia di Huntington. Queste conclusioni sono l’esito di un percorso scientifico fondato sia su analisi statistico-epidemiologiche (in cui vengono raccolti di continuo dati su sintomi, ricoveri, decessi, dati di laboratorio, etc.), sia su analisi sempre più raffinate su caratteri fisiopatologici (es. le modifiche dell’organismo causate da una patologia).

La genomica e l’analisi dei dati sono ormai parte degli strumenti a disposizione della scienza medica, cresce la consapevolezza che le analisi genetiche permetteranno una migliore prevenzione e cura delle patologie basate sulle caratteristiche di ogni persona (medicina personalizzata). Ma emergono alcune questioni etiche, quando sorge la domanda “se” vada sfruttato il potenziale delle tecnologie. È, infatti, importante che venga garantito il principio del rispetto dell’autonomia del singolo, nella capacità di decidere se sottoporsi o meno all’analisi genetica.

Dal dibattito etico-scientifico sono emersi alcuni principi:

  • Diritto di conoscere: la consapevolezza di essere portatori di un difetto genetico è una condizione necessaria per poter decidere in modo informato sul proprio futuro (es. decidere se avere figli);
  • Diritto di non conoscere: quando si ricostruisce la familiarità di determinate mutuazioni genetiche, va rispettata la scelta di chi non vuole venirne a conoscenza (es. i genitori rispetto ai figli, nel caso di casi conclamati nei nonni);
  • Rispetto della futura autonomia dei minori: minori che non hanno ancora sviluppato le capacità intellettive e la maturità emotiva necessarie per prendere decisioni autonome, non dovrebbero sostenere test genetici, salvo che questi possano offrire un beneficio medico immediato;
  • Diritto di libertà procreativa: la diagnosi genetica pre-impianto, nel caso di procreazione assistita, e la diagnosi prenatale sono mezzi disponibili per la coppia per esercitare la propria libertà procreativa, per conoscere possibili anomalie del feto. La libertà di analizzare i geni costituisce una estensione della tradizionale libertà di riprodursi o meno.

Come conseguenza di tutte queste innovazioni in campo biomedico, anche il rapporto medico-paziente e la pratica clinica si stanno modificando. Nella normale prassi il medico svolge un’attività sostanzialmente prescrittiva, per mantenere la salute della persona e mantenerla in vita. La medicina predittiva, invece, incide sul comportamento del medico: non ha di fronte un malato, o una malata, ma un soggetto sano che potrebbe aver ereditato una patologia genetica dal genitore, che l’ha manifestata. Il medico potrebbe valutare l’opportunità di far svolgere un test predittivo capace di svelare una condizione patologica prevedibile e, quindi, ancora curabile.

A ogni modo, l’avanzamento della tecnologia, oltre a definire nuove modalità di esercizio della pratica medica, comporterà la crescita anche di un individuo/paziente più autonomo e “competente” (Empowered), titolato a possedere, comprendere e gestire i propri dati clinici. Possiamo affermare che sarà la Data Science, ossia la scienza di gestione dei dati, il campo su cui si giocheranno le nuove sfide per migliorare il benessere della Persona e la cura delle malattie. Solo fino a una decina di anni fa, l’idea che l’approccio della medicina potesse (da reattivo) diventare predittivo, preventivo personalizzato e partecipato, era considerata un’utopia.

PRIVACY E TUTELA DELLE PERSONE

Nell’ambito della Genetica e della relativa attività di analisi di big data, il diritto alla riservatezza e il diritto alla privacy, in più occasioni, sono stati richiamati dai ricercatori e dalle autorità garanti nazionali.

Il metodo interdisciplinare della Bioetica può contribuire alla tutela della dignità del paziente ai sensi del Regolamento Europeo GDP (General Data Protection), attraverso una visione che contribuisce al lavoro di sintesi di diverse discipline scientifiche, giuridiche, filosofiche, antropologiche, le quali rappresentano diverse espressioni della medesima questione etica. In particolare, nelle premesse del GDPR (General Data Protection Regulation) viene richiamata l’importanza che il trattamento dei dati deve essere “al servizio dell’uomo”, mentre il Diritto alla Protezione dei Dati va bilanciato con agli altri diritti fondamentali: deve essere riconosciuto il contributo della tecnologia al progresso economico e sociale, ma solo se sviluppata in modo responsabile.  L’individuo deve avere il controllo sui propri Dati Personali in quanto la Dignità della Persona rappresenta una condizione propria dell’essere umano che precede e si pone a fondamento di ogni diritto. Questo aspetto si confronta, poi, con la natura della ricerca biomedica, dove un’informazione (rappresentata da un’immagine – ecografia, lastra, etc. -, da valori del sangue, da campioni biologici…) raccolta per una finalità specifica e autorizzata dal paziente, può essere riutilizzata per ulteriori ricerche scientifiche. Questo dibattito è ancora in atto e non si è arrivati ad un accordo su quale sia la strada migliore da seguire.

Un ulteriore aspetto del dibattito è la gestione degli esiti dei test genetici. Ogni individuo che si sottopone a indagini cliniche ha diritto a mantenere segreto l’esito del proprio test che, quindi, non deve essere comunicato ad altri senza l’autorizzazione della persona interessata, per evitare i rischi di discriminazione e l’uso improprio. Il risultato del test può avere, ad esempio, influenze negative nei rapporti familiari e sociali del portatore di un determinato difetto genetico. Di contro, però, l’informazione sull’essere portatori di un difetto genetico, o a rischio di sviluppo di una malattia, dovrebbe essere condiviso nell’ambito familiare, poiché il patrimonio genetico di un individuo è in parte condiviso con alcuni parenti. Una ulteriore conseguenza della diffusione di dati sui test può essere la discriminazione genetica (ovvero il trattamento discriminatorio di un individuo sulla base delle informazioni riguardanti il suo presunto patrimonio genetico), che può limitare anche opportunità future.

ALGORITMI E DISCRIMINAZIONE

Attraverso il Machine Learning gli algoritmi acquisiscono da grandi quantità di dati le competenze utili per trarre una decisione o rilasciare una raccomandazione. Le regole di acquisizione sono fornite dal programmatore del software, che definisce i criteri di somiglianza tra i casi che vengono analizzati dall’algoritmo. Nella definizione delle regole, però, si può insinuare nel software un comportamento tipicamente umano, il pregiudizio (bias). Ne deriva che si possono sviluppare conclusioni e giudizi, resi dalla macchina, che evidenziano discriminazione contro un individuo o un gruppo di individui. La causa del bias può avere origine dai dati derivanti dalle abitudini e pratiche comuni alla società da cui tali dati sono stati raccolti (es. in una determinata area geografica, per cui rappresentano solo l’etnia prevalente), oppure da cause tecniche, derivanti da imperfezioni del design tecnico del software. A questi casi si aggiunge la criticità relativa alla poca trasparenza dei sistemi di Intelligenza Artificiale, in quanto i sistemi avanzati si sono evoluti in modo rilevante rispetto all’impostazione iniziale, e pertanto non è possibile, per gli scienziati coinvolti nel progetto di ricerca, ricostruire il percorso logico intrapreso dal software per giungere a un determinato risultato.

Ne consegue che, nello sviluppo di un sistema di Intelligenza Artificiale, va rispettato il principio di non discriminazione e si devono promuovere con più attenzione i valori dell’uguaglianza e dell’equità, attraverso la promozione di requisiti come la trasparenza e la chiarezza nei processi che determinano le decisioni prese dai software. Lo stesso GDPR prevede che sia obbligatorio comunicare all’utente le metodologie e i processi logici utilizzati dal software (es. nel consenso informato, il paziente dovrebbe ricevere informazioni sulla procedura di analisi effettuata sui propri dati da parte dell’algoritmo). Diversamente, si incorre in problemi etici e bioetici sulla credibilità dell’esito dell’analisi dei dati, dovuti all’intervento dell’uomo nella fase di programmazione dell’algoritmo.

Per approfondimenti: Milano G. “Bioetica: dalla A alla Z”, 1997; Fioriglio G., eHealth: tecnologie, diritto e salute, 2021; Barletta M. Diritto all’autodeterminazione del paziente nelle decisioni fine vita in Europa, Federalismi, 2023 ; Manzini A, Vitiello L, Questioni di vita: introduzione alla bioetica. 2019; Frontali M, Jacopini, G, Medicina predittiva: una sfida etica per la pratica medica. 1998; AA.VV., I dati, il futuro della Sanità, Edra 2022; Good clinical Practice

L’Etica e la Bioetica nell’era dei Big Data