Big Data e Salute

L’incremento esponenziale di Big Data e l’adozione di avanzati processi di data management e data analysis portano a disporre di un crescente volume di risorse da trasformare in informazioni e cognizioni utili a vari ambiti, tra cui la salute. Questo favorisce sia la ricerca clinica, sia la telemedicina, semplificando dinamiche e cambiando i paradigmi esistenti nella comunicazione, come nelle relazioni tra i diversi attori coinvolti, incluso l’interazione medico-paziente. Ma influenza anche la necessità del sistema sanitario di disporre di piattaforme digitali per la gestione delle risorse e la loro fruizione a diversi livelli. ... (continua a leggere)

Vorresti contribuire all'indagine in tema di Salute, Benessere e delle abitudini digitali che adottiamo nel nostro quotidiano?

Pochi minuti per rispondere al nostro questionario. Opziona il link qui a fianco. E se hai domande, non esitare a contattarci. Scrivici a: bigdata4health@unimore.it

SURVEY

Contributi

  • Il medico 4.0 è il “prodotto” di una nuova fase dell’evoluzione dell’assistenza sanitaria, oggetto di trasformazione grazie alle nuove tecnologie. Il Sistema Sanitario è in una fase acuta di digitalizzazione, che comporta inevitabilmente la necessità per gli operatori sanitari di adeguarsi. Nasce così il concetto di “Medico 4.0”, dedicato alla cura e diagnosi, ma anche alla predizione grazie al supporto delle tecnologie digitali. Cambia inevitabilmente il rapporto medico-paziente, che diventa soggetto attivo del proprio percorso di cura.  Autore: Dott.ssa Alessandra Aita (pagina personale) Il termine Medicina 4.0 è sempre più utilizzato nella letteratura scientifica e rinvia all’idea di una quarta stagione della Medicina che si basa sul ruolo prioritario dell’informazione. Rappresenta l’integrazione di ICT (Information and Communication Technology), elettronica e tecnologia delle microstrutture per nuove forme di terapia (es. la chemioterapia personalizzata e la telemedicina terapeutica). La Medicina 4.0 ha effetti profondi sulla ricerca medica, sulla pratica assistenziale e sulla cultura della Medicina e AI ne è oggi l’elemento emblematico. L’uso dei big data e di AI, infatti, cambia i modelli di ricerca, non più ipotetico-deduttivi basati su nessi causa-effetto e interpretazioni unificanti, ma su correlazioni tra dati, tassonomie (es. la classificazione dei tumori non per istotipi ma per caratteristiche omiche comuni), i principi della complessità della Biologia e della Medicina. L’evoluzione della medicina è rappresentata dalle seguenti fasi precedenti a quella attuale: Medicina tradizionale, che si è basata per centinaia d’anni sulle competenze dei medici e sui loro sensi, e su un numero limitato di farmaci; Medicina 2.0 è la medicina del Novecento, legata alle prime innovazioni tecnologiche quali i raggi X e gli antibiotici; Medicina 3.0 è caratterizzata dalla miniaturizzazione (microsistemi) e dall’elettronica (chirurgia computer-assistita, riconoscimento d’immagini, robotica), correlata all’utilizzo di interfaccia interattiva dell’utilizzatore, e la personalizzazione di dati e informazione. La Medicina 4.0 rappresenta, nella scienza e nella pratica medica, la Quarta Rivoluzione Industriale (dopo il vapore, elettricità, informatica, si è giunti alle multi-tecnologie) che è caratterizzata dalla fusione di tecnologie fisiche, digitali e biologiche. Questa fusione di tecnologie diverse è l’elemento essenziale, insieme all’intelligenza artificiale, che permette di sviluppare capacità cognitive, caratterizzate dall’integrazione di informazioni, contesto, influenze e intuizioni, attraverso l’analisi del linguaggio naturale e l’uso di computer. L’intelligenza artificiale viene utilizzata nella gestione veloce e sicura dei big data e di funzioni algoritmiche particolarmente complesse, ma anche in maniera più emergente nella biologia e nella medicina contemporanea. In questo contesto è cresciuta in modo rilevante la propensione a inserire tali nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro, creare nuovi modelli di business, aumentare la produttività e migliorare la qualità di prodotti e servizi. Nell’ambito del settore della Salute– soprattutto dopo la diffusione della recente pandemia COVID-19 – sta avvenendo un cambio delle strategie a livello nazionale, volto alla ottimizzazione dei servizi e uno sviluppo sostenibile del sistema, in ottica di supportare anche l’operato dei medici e del personale sanitario, per un efficientamento del servizio e la riduzione di sprechi. LA DIGITALIZZAZIONE DEL SISTEMA SANITARIO La tecnologia digitale rappresenta un importante spinta al miglioramento dei settori economici e ha comportato l’adozione di sistemi volti a migliorare e accrescere l’efficienza delle attività. Nel contesto sanitario l’introduzione dell’imaging, ad esempio, ha contribuito in modo impattante in ambito diagnostico e chirurgico, favorendo l’operato dei medici e dei ricercatori. In epoca più recente, l’adesione dell’Intelligenza Artificiale – una delle più avanzate tecnologie – ha contribuito all’evoluzione in vari ambiti sanitari agendo in modo favorevole all’efficientamento della gestione dei servizi e dell’organizzazione del sistema. Questo sviluppo, legato all’evoluzione del SSN, è parte delle azioni volte alla concretizzazione della rivoluzione sanitaria, che mira all’adozione in medicina delle 4P – per renderla preventiva, predittiva, personalizzata, partecipativa -. Infatti, nel cambio della visione del concetto di Servizio Sanitario rivolto alla “cura della malattia” si vuole trasformare l’approccio, in visione olistica, al mantenimento di uno stato di salute dell’individuo. La digitalizzazione ha permesso di adottare sistemi di gestione (sia a livello amministrativo, sia dei dati dei pazienti e utenti) che hanno semplificato le attività degli operatori. Ma con la diffusione della pandemia COVID-19 sono emersi a più livelli le contraddizioni e la fallacia dei sistemi adottati, che non hanno permesso una fluida circolazione dei dati. La digitalizzazione del sistema sanitario nazionale è in atto da diversi decenni, ha contribuito l’adozione di sistemi di gestione utili a ottimizzare il lavoro delle strutture sanitarie, sia a livello amministrativo, sia per i dati dei pazienti. Sono state sviluppate reti istituzionali aggregatori di dati (come FSE, Taccuino dell’assistito, Dossier Sanitario, Cartella Clinica elettronica, Sistemi CUP 4.0), che però non hanno trovato uguale applicazione sul territorio, che, però, spesso non dialogano ancora tra loro in modo corretto, tanto da favorire l’efficientamento dell’organizzazione e gestione del sistema sanitario. Dal quadro emerso è nata la necessità di intervenire in modo più sistematico per lo sviluppo di sistemi più organizzati ed efficienti che, favorendosi dei numerosi dati in produzione, possono portare all’adozione di un sistema migliore sia nella cura, sia volto a evitare la diffusione di malattie prevedibili. In questo contesto il servizio sanitario, sia pubblico, sia privato, ha dotato il personale di apparecchiature e sistemi digitali per migliorare l’operato e renderlo più efficiente e accurato rispetto alle persone che ne usufruiscono. IL PASSAGGIO AD UN NUOVO “MODELLO” DI MEDICO Nel passato, recarsi dal medico significava parlare con una persona esperta, e negoziare una testimonianza del malessere per giungere all’identificazione del problema e alla sua soluzione. La medicina, all’origine, era una pratica non scientifica, detentrice di grandi intuizioni e produttrice di rimedi (spesso, ma non sempre) efficaci. Il passaggio ad una scienza è avvenuto con l’introduzione di strumenti e tecnologie che hanno permesso di migliorare il sapere, facendo perdere il valore alla testimonianza del paziente, a favore di informazioni quantitative e misurabili dagli strumenti stessi. Il rapporto medico-paziente si è inevitabilmente modificato. Nella normale prassi il medico svolge un’attività sostanzialmente prescrittiva, per mantenere la salute della persona e conservarla in vita. Nell’ottica della medicina predittiva, invece, il medico non ha di fronte un malato, o una malata, ma un soggetto sano che potrebbe […]

  • Il valore dei dati sanitari rappresenta un elemento chiave delle nuove politiche europee. Il singolo dato clinico acquisito diventa valore se inserito nel grande set di informazioni (big data), nel momento in cui viene rielaborato ed analizzato. Il regolamento europeo in fase di approvazione, Health Data Space, definirà le modalità di fruizione dei dati da parte dei ricercatori, che hanno bisogno di un numero enorme di dati sanitari, di alta qualità, disponibili con bassi costi e in maniera efficiente, per portare avanti le proprie ricerche. In particolare, sarà la medicina predittiva a beneficiare di questo utilizzo di dati clinici, così come lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie. Il tutto nei limiti del GDPR che permette alla ricerca scientifica di utilizzare i dati anonimizzati per i propri scopi. Autore: Dott.ssa Alessandra Aita (pagina personale) I big data nel settore sanitario rappresentano l’esito della raccolta e archiviazione di grandi quantitativi di dati sui pazienti e dello sviluppo di malattie, che devono essere gestiti, analizzati e interpretati per fornire informazioni utili a prendere decisioni in ambito clinico e terapeutico. L’interesse sui big data da parte dei vari attori del mondo sanitario deriva dalla portata potenzialmente rivoluzionaria in tutti gli ambiti di cura, prevenzione e promozione della salute pubblica. Le analisi basate su grandi quantità di dati e mediante l’uso dell’intelligenza artificiale, consentono infatti di migliorare e anticipare la diagnosi, definire la scelta del trattamento, aumentare l’efficacia e la tempestività della prevenzione. L’impiego delle informazioni derivanti da elaborazioni dei big data supporta il sistema nel creare contenuti utili a sensibilizzare la collettività ad adottare stili di vita più salutari una volta dimostrate alcune relazioni causali nell’insorgenza di alcune patologie (es. l’abuso di sale può comportare obesità e ipertensione, facendo quindi insorgere problemi cardiovascolari). Se si considera che un singolo paziente genera migliaia di dati relativi a diagnosi, percorsi terapeutici, farmaci, dispositivi medici, immagini digitali, risultati delle analisi di laboratorio, è facile comprendere come tramite la eHealth (pratica della salute attraverso il supporto di strumenti informatici, personale specializzato e tecniche di comunicazione medico-paziente) vengano generati in totale dati nell’ordine di zettabyte (unità di misura utilizzata correntemente pari a 1021). Ma affinché l’analisi di questa massa di dati sia significativa e abbia un concreto valore, questi ultimi devono essere necessariamente validati, elaborati e integrati all’interno di un sistema: la combinazione dei sistemi di elaborazione di queste informazioni, finalizzata a creare nuovo valore nella organizzazione dei servizi sanitari, esprime il potenziale dei big data. Per definire il sistema di catalogazione e conservazione dei dati, sono state definite le seguenti dimensioni dei big data: Il volume illimitato di questi dati; La velocità di generazione, elaborazione e possibilità di trasferimento; La varietà di forme e fonti informative originali; La veridicità dei dati in un mondo di dati molto eterogenei. L’ultima dimensione dei big data è il valore. È una variabile essenziale per le aziende e gli operatori/enti, in quanto possono convertirli in informazioni preziose che permettono loro di fare strategie o scelte di mercato. I dati costituiscono il nuovo strumento di potere dell’economia mondiale, ed essendo una fonte inesauribile, il loro valore è destinato ad aumentare nel tempo. PERCHE’ I DATI DELLA SALUTE HANNO VALORE PER LA RICERCA SCIENTIFICA? Le informazioni raccolte attraverso la rete, i dispositivi mobili, e i wearable costituiscono un input facilmente utilizzabile per personalizzare le esigenze del singolo utente. I dati generati sono poi rielaborati attraverso algoritmi o strumenti di condivisione, e restituiti per varie finalità, tra cui la medicina predittiva. La conoscenza delle informazioni e la capacità di elaborazione e interpretazione dei dati su larga scala, rappresentano generalmente lo strumento più efficiente per le imprese per stabilire le loro strategie di mercato, offrendo prodotti e servizi più vicini alle necessità dell’utente finale. Il settore medicale non è esente da questo processo innovativo: lo sviluppo di tecniche predittive influiscono in maniera sempre più incisiva sulle decisioni individuali. Grazie alla digitalizzazione della sanità, l’informazione derivante da dati sanitari si apprezza, diventando valore, soltanto se inserita in quel “grande set” di informazioni raccolte su larga scala che consentono di effettuare analisi predittive a livello collettivo. L’utilità e il valore derivanti dalla raccolta e dall’elaborazione delle informazioni sanitarie sono innegabili, vista la capacità predittiva dei dati e il loro riutilizzo per fini di interesse generale. Nell’ambito della digitalizzazione della sanità, l’informazione derivante dai dati sanitari diventa “valore” soltanto se inserita nel grande set di informazioni raccolte su larga scala che consentono di effettuare analisi predittive a livello collettivo. L’utilità e il valore derivanti dalla raccolta e dall’elaborazione delle informazioni sanitarie sono innegabili al fine del loro riutilizzo per fini di interesse generale. I dati sono considerati quindi come “beni comuni” in quanto sono risorse condivise per molteplici impieghi attinenti alla ricerca scientifica, alla protezione della salute, al monitoraggio delle patologie, alla conoscenza di un servizio assistenziale. Precisione e personalizzazione sono finalizzate ad aumentare il “valore” in termini di rapporto tra benefici diretti e indiretti (risposta appropriata ai bisogni di salute e qualità della vita) e costi diretti (di assistenza) e indiretti (per esempio, tempo sottratto ad altre attività, costi di viaggio, alloggio e altri correlati all’assistenza). Per regolare questi nuovi processi, tra i propri obiettivi, l’Unione Europea ha previso di definire un pacchetto legislativo per regolare l’acquisizione e utilizzo dei dati e la creazione di infrastrutture di condivisione dati e meccanismi di governance. La Commissione Europea nel 2020 ha avviato il percorso legislativo per definire “La strategia europea per i dati”, sul presupposto che le tecnologie digitali andranno a trasformare l’economia e la società. Secondo la Commissione, l’analisi dei dati e la loro interpretazione possono costituire fattori chiave per lo sviluppo dell’economia e per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini. Uno degli obiettivi è rimuovere le barriere all’accesso ai dati anche alle piccole e medie imprese, oggi escluse dalle big tech company che detengono il monopolio dei dati. In questo contesto di riforma normativa europea, nasce nel maggio 2022 la proposta di regolamento “Health Data Space”, destinato a disciplinare nello specifico i dati sanitari . I dati […]

  • L’intelligenza artificiale ha già diversi utilizzi nell’ambito sanitario e supporta il ciclo decisionale dell’operatore sanitario. Ma come funzionano realmente le tecnologie di AI? Sono sicure e certe? Il problema dei dati alla “fonte” del processo di analisi è cruciale per evitare distorsioni (bias) a danno di determinate categorie di pazienti. Autore: Dott.ssa Alessandra Aita (pagina personale) La Tutela della Salute degli individui e della collettività (diritto costituzionalmente riconosciuto in Italia dall’art. 32) è oggi garantita dal Sistema Sanitario anche grazie alla digitalizzazione crescente dei servizi sanitari e all’evoluzione della ricerca scientifica e tecnologica, che conduce alla creazione di strumenti utili a perseguire questo interesse collettivo. La digitalizzazione del Sistema Sanitario – avviata già da alcuni decenni e tutt’ora in corso – ha comportato una rapida progressione nello sviluppo terapeutico, nei rapporti tra medico e paziente, nei rapporti tra paziente e struttura sanitaria, ma anche nella gestione e organizzazione del sistema stessi, a favore di un efficientamento di risorse, energie investite e di un miglioramento del servizio offerto. Il paziente, favorito dal diffondersi della digitalizzazione dei sistemi di informazione e comunicazione, dispone oggi di maggiore conoscenza, capacità e consapevolezza sul proprio status di salute: l’autodeterminazione del paziente, ovvero la facoltà di esercitare una scelta consapevole dei trattamenti sanitari, viene supportata anche grazie all’innovazione e la digitalizzazione della Sanità. Tra le varie innovazioni oggi in uso nel Sistema Sanitario, l’Intelligenza Artificiale (IA) domina il dibattito scientifico. Nel mondo sanitario, ad esempio, viene impiegata per controllare grandi apparecchiature di diagnostica per immagini (Tomografia Computerizzata, TC o Risonanza Magnetica, RM), per ridurre i tempi di acquisizione degli esiti delle immagini; la creazione di algoritmi per l’identificazione delle patologie ha contribuito a ridurre notevolmente gli errori di percezione dell’uomo/medico, consentendo il miglioramento delle diagnosi, anche attraverso l’analisi delle immagini e delle informazioni disponibili, e permettendo di addentrarsi in angoli più nascosti del corpo umano, grazie a riproduzioni in 3D del sistema corpo. L’IA contribuisce, inoltre, allo sviluppo della medicina predittiva, con l’obiettivo di individuare il rischio della persona di manifestare determinate patologie e definire una prognosi, in tempi più brevi, supportando e favorendo il medico nella conseguente decisione terapeutica. Sempre più ricerche testimoniano che l’uso dell’IA nella diagnosi e nella definizione terapeutica necessita di un bilanciamento degli interessi tra la libertà di cura, la scelta terapeutica e il diritto di accedere a trattamenti sanitari migliori e più efficienti, favoriti anche da un maggiore interscambio di analisi e pareri tra specialisti diversi. Per questa ragione, e per gli impieghi crescenti di questa evoluta tecnologia, è necessario che il paziente sia messo a conoscenza di quali siano, e come funzionano, i sistemi di analisi dati e IA che elaborano le sue informazioni cliniche. Il futuro della salute è inevitabilmente correlato allo sviluppo delle tecnologie che utilizzano l’Intelligenza Artificiale e dato che la IA si alimenta grazie a mole enormi di dati, due sono le questioni che coinvolgono maggiormente gli studiosi: a. l’analisi sulla qualità dei dati raccolti e messi a disposizione della macchina b. gli obblighi di informazione a carico del medico curante verso il paziente. RACCOLTA E ANALISI DATI PER MACHINE LEARNING: DISTORSIONI E RICERCA SOLUZIONI AL PREGIUDIZIO I sistemi di IA possono essere utilizzati dal personale sanitario per formulare ipotesi di diagnosi o proposte terapeutiche mediante i modelli di predizione dell’esito clinico, oppure mediante quelli di anticipazione all’insorgenza di una malattia. Di conseguenza, grazie al loro impiego, i medici possono disporre di maggiori informazioni e fornire risposte più dettagliate ai pazienti sulla base dei dati acquisiti, integrando e ampliando conoscenze e competenze maturate nello studio e con l’esperienza. Con l’applicazione delle tecnologie di Machine Learning ai dati biomedici e alle cartelle cliniche elettroniche, i medici possono analizzare in tempi più veloci le tante e varie informazioni disponibili, ma per consentire esiti ottimali è necessario che i dati siano raccolti accuratamente. Il sistema, infatti, viene istruito attraverso l’analisi dei molti dati raccolti, il software lavora sulla base di enormi data set, ad esempio costituiti da milioni di immagini digitalizzate (radiografie, fotografie, ECG) per l’interpretazione dei dati clinici, radiologici, istologici, dermatologici. I dati utilizzati per il training dell’algoritmo potrebbero generare distorsioni (bias), a danno talvolta di determinate categorie di persone, se non sufficientemente rappresentative della popolazione. Esistono diverse tipologie di bias intrinseci ai dati utilizzati (difficoltà a reperire dati da categorie diverse – dovuto al digital divide di alcune fasce, ad esempio, più anziane della popolazione, o per ragioni geografiche), oppure legati alle selezioni effettuate a monte dai membri del team di costruzione dell’algoritmo, che ne possono influenzare l’impostazione (se non venisse garantita l’eterogeneità degli stessi per età, etnia, genere, etc). Non di rado è emerso che i dati sono concentrati per determinate popolazioni (varie minoranze etniche e razziali non risultano ancora oggetto di ricerca genomiche, ad esempio), oppure sul genere maschile (è stato rilevato, ad esempio, che le donne risultano essere sottorappresentate negli studi clinici). Di conseguenza, la mancanza di dati non sempre permette al sistema di disporre di un quadro preciso rispetto alla pluralità di individui e tratti genetici diversi. L’accuratezza dei risultati prodotti da elaborazioni di IA risulta essere proporzionale al numero, alla qualità e alla precisione dei dati inseriti e dalle esperienze immagazzinate su un determinato tema, ma potrebbe non essere adeguata se dovesse emergere un caso non verificatosi in precedenza. L’IA si evolve grazie alla rielaborazione di dati generati automaticamente (si pensi alle analisi del sangue) oppure dai referti prodotti dai medici. Sebbene la tecnologia sia cristallizzata contro la discriminazione, il comportamento umano, rappresentato dal testo dei referti, influenza indirettamente la macchina nella fase di analisi dei dati. Di conseguenza, ne possono derivare problemi di discriminazione del percepito dell’IA che genera un “pregiudizio” che viene applicato direttamente dal software. Secondo gli sviluppatori dell’IA il software dovrebbe “spersonalizzare” il risultato, rendendolo meno particolare e più universale. Studi americani, ad esempio, hanno rilevato che i dati raccolti dalle cartelle cliniche talvolta riportano un linguaggio negativo associato a popolazioni di minoranze (come le afroamericane), che possono autoalimentare “pregiudizi” nei medici che interagiscono con i referti rilasciati dalle […]

  • La Medicina sta evolvendo verso principi di predizione, prevenzione, personalizzazione, partecipazione, possibili grazie a un impiego sempre più diffuso di tecnologie e di sistemi digitali che adottano IA. In questo contesto la Etica e la Bioetica sono discipline che registrano l’aumento degli ambiti di loro applicazione, anche per consentire, nel rispetto della Persona, confronti tra professionalità che possono attuare proficui miglioramenti dei servizi sanitari di cura e assistenza. Autore: Dott.ssa Alessandra Aita (pagina personale) La Bioetica è una disciplina nata e diffusa in tempi moderni – il cui termine deriva dal greco, “bios”, vita, ed “èthos”, norme, valori, “etica della vita” – e va intesa come l’etica delle sperimentazioni in campo medico e biologico. Nasce in un contesto multidisciplinare e racchiude al proprio interno aspetti molto vari su materie quali: la medicina, la biologia, la filosofia, la filosofia della scienza, la bioetica clinica, la giurisprudenza, il biodiritto, la sociologia, la psicologia e la biopolitica. La Bioetica si occupa, pertanto, di tutte le questioni e le controversie morali in ambito medico-biologico e si evolve in parallelo al progredire della scienza e della ricerca. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la Ricerca Biomedica ha portato a importanti progressi in settori quali: il trapianto di organi, la procreazione, la clonazione dei mammiferi e dell’uomo in particolare, la genetica e le terapie cellulari che portano nuove sfide e problematiche di tipo bioetico. Il Codice di Norimberga (1947) e la Dichiarazione di Helsinki (1964) hanno posto le basi per i principi da applicare alla ricerca biomedica. In molti Paesi, e successivamente a livello internazionale, sono sorte intense discussioni sui principi etici da applicare alle attività biomediche, sia nella medicina quotidiana, sia nella ricerca che nelle nuove tecnologie. Per la prima volta si parla, in ambito accademico, di Bioetica nell’articolo “The science of survival” (1970) a opera dell’oncologo americano Van Rensselaer Potter, il quale la considera come una disciplina in grado di poter offrire un accordo tra le conoscenze scientifiche e quelle umanistiche, un ponte che collega le scienze sperimentali e quelle umane. Nel 1971, il Kennedy Institute of Ethics (presso la Georgetown University), la definisce come la “disciplina omnicomprensiva dei nuovi problemi sollevati dalla biologia molecolare” (A. Hellegers). In quegli stessi anni iniziano a emergere le domande di fondo della disciplina: come formulare la teoria generale sul valore della vita; come stabilire un consenso unanime sulla natura del feto e l’inizio della vita (l’embrione è solo un insieme di cellule?); quali sono le caratteristiche che definiscono una vita. Dagli anni ´70 in poi sono sorti molti enti, centri e comitati pubblici di Bioetica. Nel 1985 il Consiglio d’Europa ha incluso la Bioetica tra le sue attività, con l’obiettivo di stabilire un quadro per la protezione degli esseri umani e promuovere il progresso scientifico a beneficio dell’umanità. Nel 1990 nasce il Comitato Nazionale per la Bioetica in Italia, quale organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri; in tutte le Regioni si diffondono, e tuttora sono presenti, i Comitati Etici, composti da personale medico e paramedico, con l’apporto di esperti in psicologia, filosofia, sociologia e materie giuridiche, statistiche e epidemiologiche. Nel 1992, a livello europeo, è stato istituito il Comitato Direttivo di Bioetica (CDBI), la cui missione è quella di studiare i problemi etici (in particolare le sfide per i diritti umani) sollevati dal progresso delle scienze biomediche e di elaborare strumenti legali per affrontare tali problemi. Nel 1997 è stato adottato il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante in questo campo, la Convenzione sui Diritti Umani e la Biomedicina (Convenzione di Oviedo), che ha stabilito un quadro giuridico per la protezione dei diritti e si applica sia alla medicina quotidiana, sia alle nuove tecnologie della biologia e della medicina umana. Nel 2012 le competenze del CDBI sono state ampliate, mediante l’istituzione del Comitato di Bioetica (DH-BIO) – direttamente collegato al Comitato Direttivo per i Diritti Umani (CDDH) -, i cui compiti sono relativi alla genetica e alle biobanche, per contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica su tali tematiche. Successivamente, la Convenzione è stata aggiornata mediante vari protocolli aggiuntivi e vincolanti per i paesi firmatari: nel 2001: divieto di clonazione di esseri umani; nel 2006: disciplina del trapianto di organi, per evitare il traffico di organi e tessuti; nel 2007: sulla ricerca biomedica, affermando che – mentre il progresso della scienza e della pratica biomedica dipende dalla conoscenza e dalle scoperte che richiedono la ricerca sugli esseri umani – è fondamentale proteggere la dignità, i diritti, la sicurezza e il benessere di tutti gli esseri umani che partecipano alla ricerca; nel 2008: relativamente ai test genetici effettuati non a scopo di ricerca, ma a scopo sanitario – come, ad esempio, i test predittivi che servono a individuare una predisposizione genetica o una suscettibilità genetica a una malattia, o i test che servono a identificare il soggetto quale portatore sano di un gene responsabile di una malattia -. Costanti e continue sono le discussioni dei ricercatori, che si confrontano sui principi della bioetica, sul miglioramento del consenso informato, sui protocolli di ricerca, sulle linee guida internazionali (es. good clinical practice), influenzando anche i decisori degli enti regolatori. Oggi, alcuni dei temi correnti della disciplina riguardano: la clonazione: la possibilità di clonare esseri umani solleva questioni etiche riguardanti la dignità umana e i diritti delle persone create attraverso questo processo; la manipolazione genetica: la possibilità di modificare il DNA degli esseri viventi solleva questioni etiche riguardanti la manipolazione della vita e gli effetti a lungo termine di queste modifiche; la distribuzione dei farmaci e delle cure mediche: questioni etiche riguardano l’accesso alle cure mediche e ai farmaci, in particolare per le persone che vivono in aree a basso reddito o in paesi in via di sviluppo; il biodiritto: disciplina numerose situazioni che coinvolgono gli aspetti dell’essere umano (dalla nascita, alla qualità della vita, sino alla morte). L’eutanasia e la fine della vita sono le questioni etiche che incidono sul diritto all’autodeterminazione del paziente sulle scelte di fine vita; riguardano la decisione di interrompere artificialmente la vita di una persona e i criteri per determinare quando è eticamente accettabile farlo. La scienza ha, […]

Desideri condividere le tue esperienze e le tue competenze sul tema?

Leggi la presentazione e le indicazioni per aderire a questo progetto. Collegati al link a fianco

BD4H Call to Action

I partner