I dati medico/sanitari sono da sempre tra i più dibattuti e agognati, carichi di aspettativa inespressa da un lato, “complicati” da gestire dall’altro. Il presente contributo si propone come obiettivo di sfatare alcuni falsi miti e fermare l’attenzione sulle opportunità da cogliere ponendo in atto strategie volte a consolidare le competenze, costruire buone pratiche (da seguire e replicare) e creare i presupposti per nuove forme di collaborazione data-driven.

Autore: Ing. Christian Racca, Senior Engineer and Program Manager at TOP-IX

Dagli albori dei Big Data, all’ascesa della Data Science, fino al nuovo “hype” sull’Intelligenza Artificiale, i dati medico/sanitari sono da sempre al centro di un conflitto esistenziale: da un lato l’intuizione ci porta ad attribuirne un potenziale elevato in termini di valore (fomentando continue richieste di accesso e rilascio), dall’altro le precauzioni in materia di trattamento e gestione costituiscono un freno importante al loro effettivo uso.

In termini di valore, i recenti progressi nella computer vision, nell’analisi delle serie storiche e nella comprensione del linguaggio naturale stanno effettivamente espandendo in modo esponenziale le nostre conoscenze così come le capacità predittive e di intervento.

Quanto alla gestione, l’ambito medico/sanitario va invece ad attivare tipicamente soglie di attenzione “maggiori” da parte di chi genera i dati (e.g. i pazienti) e di chi li tratta (e.g. le strutture sanitarie). A ben guardare però, tale “eccesso di precauzione” è solo parzialmente giustificato.

Le macchine e gli algoritmi sono tipicamente agnostici e trasparenti rispetto al contesto. L’addestramento e il fine tuning dei modelli matematici va adattato alla tipologia specifica ne più ne meno che negli altri settori; le tecniche di anonimizzazione sono più o meno robuste a prescindere dall’ambito in cui vengono impiegate e il GDPR [1] tutela questi dati con lo stesso livello di protezione con cui devono essere trattati tutti i dati afferenti alla sfera personale. In ultima analisi anche le recenti discussioni [2] legate all’eticità, equità, trasparenza dei sistemi basati su Intelligenza Artificiale non lasciano trasparire una differenziazione specifica.

Del resto, rivela più di noi la nostra storia clinica o la lista dei movimenti bancari o la traccia dei nostri spostamenti geo-localizzati o ancora le nostre interazioni con il web?

I recenti e nefasti eventi pandemici hanno altresì evidenziato e portato alla luce i limiti o, rigirando in chiave positiva, i margini di miglioramento e le opportunità nel binomio dati/sanità-salute: mancanza di uniformità nella raccolta, metadatazione spesso insufficiente, governance debole o talvolta non ben definita, Data Literacy carente. Cogliere tali opportunità e contribuire ai progressi in questo campo, “abbracciando la complessità” con l’aiuto dei dati è dunque una sorta di imperativo, sia a livello morale, che in termini di ricadute economiche e sociali.

Gli esempi e le eccezioni positive non mancano e aumentano, fortunatamente, ogni giorno, ma la strada da compiere è ancora lunga e articolata. Di seguito alcuni spunti, non certo esaustivi, su cui investire e agire nel breve-medio termine:

  • Vi è fervente necessità di progetti che aprano fronti inesplorati di applicazione e disegnino, così da diventare esempi, catene di valore end-to-end affrontando tutte le componenti progettuali, legali, tecniche, analitico-matematiche, gestionali…
  • Una maggiore disponibilità di dataset aperti (a.k.a. Open Data) di settore, permetterebbe agli scienziati dei dati (e non solo) di raffinare i loro modelli, le tecniche, la gestione delle Bias [3], i metalinguaggi per la comunicazione e la visualizzazione dei risultati.
  • Le competenze vanno rafforzate, sia attivando percorsi di Data Literacy diffusa, appannaggio di tutti gli addetti del settore, sia inserendo figure tecniche specifiche nei punti strategici, piuttosto che formando nuove professionalità nei giunti di raccordo (e.g. Data Steward [4], Business Translator).
  • Nuove/rinnovate infrastrutture possono rappresentare uno strumento abilitante, facilitando l’accesso, il riuso, la condivisione e soprattutto la collaborazione data-driven (per esempio cavalcando l’onda della strategia europea in materia di dati che caldeggia la costruzione di Data Spaces [5] neutrali e federati).

Ancora una volta la partita da giocare (e auspicabilmente vincere) vede da un lato un’incredibile opportunità di progresso e generazione di impatto positivo, dall’altro il rischio che il più potente strumento di intelligence e generazione di conoscenza a nostra disposizione sia anche un drammatico vettore di disuguaglianze capace di accentuare fratture e disparità nella società moderna.

Per approfondimenti: [1] Regolamento generale per la protezione dei dati; [2] Ethics guidelines for trustworthy AI; [3] Understanding Data Bias; [4] Data steward; [5] A European Strategy for data

Dati e salute: dai falsi miti alle opportunità nella collaborazione
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