INTERVISTA RAI1 al Prof. Luca Pani

Immaginate un futuro in cui l’identificazione di una molecola con un’alta probabilità di diventare un farmaco si basi sull’utilizzo di modelli predittivi che, incrociando enormi moli di dati clinici e molecolari, siano in grado di anticipare con grande accuratezza i meccanismi di azione del principio attivo sui bersagli biologici. Fino a poco tempo fa avremmo catalogato questo scenario alla voce “fantascienza”, oggi sappiamo che la cosiddetta infosfera, ovvero lo spazio semantico costituito dall’insieme dei dati, delle informazioni e dei documenti, è il presente e il futuro dell’innovazione in ogni settore dell’attività umana, anche in quello farmaceutico.

L’affermarsi sul mercato di strumenti di analisi dei database digitali sta rendendo sempre più facile la gestione dei progetti che coinvolgono, contemporaneamente, diverse aree del mondo, come avviene di norma per i progetti legati allo sviluppo di nuovi medicinali.

“La gestione delle grandi masse di dati nel mondo del farmaco” ha affermato il Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco, Luca Pani, nel corso di un’intervista rilasciata a Speciale Tg1 “è per definizione internazionale, non è più sufficiente guardare al solo livello europeo”.

L’infosfera entra in gioco anche nel formare i criteri di inclusione dei pazienti all’interno degli studi clinici, includendo nuovi fattori, come le informazioni genetiche, nella definizione delle popolazioni.

“Il lancio sul mercato globale di un farmaco” ha commentato Pani “viene organizzato in contemporanea in tutto il mondo ed è molto importante determinare, per le popolazioni che vengono studiate, delle caratteristiche più o meno comuni nelle risposte, anche rispetto agli effetti collaterali. È un costo enorme in termini di analisi dei dati, perché analizzare dati così complessi è a sua volta un’operazione complessa”.

Pani ha poi posto l’accento sul problema centrale dell’interpretazione dei dati, dal momento che una volta che l’analisi “restituisce una serie di informazioni, si deve selezionare una gerarchia, stabilire quali informazioni valgono di più”.

Le potenzialità espresse dai big data non sono l’unica faccia della medaglia, l’utilizzo massivo delle informazioni di carattere personale implica questioni etiche e giuridiche che non si possono ignorare.

“I soggetti che partecipano a delle ricerche” ha sottolineato Pani “possono dare il consenso a utilizzare i loro dati in un momento storico determinato, ad esempio oggi, ma l’uso che verrà fatto di quei dati tra dieci o vent’anni può essere completamente diverso”.

“Per quanto riguarda poi la proprietà dei dati” ha indicato il Direttore Generale dell’AIFA “esistono due visioni prettamente contrastanti, alcune aziende dicono ‘I dati sono nostri poiché li abbiamo prodotti’. Le agenzie regolatorie come l’AIFA, invece, ritengono che, una volta prodotti debbano essere resi pubblici”.

Ma il futuro non sarà appannaggio esclusivo della tecnologia, secondo Luca Pani infatti “la capacità di cooperazione è l’ambito in cui i cervelli umani danno il meglio di sé, producendo vette di funzionalità e di bellezza che nessuna macchina potrà eguagliare”.

Secondo Pani, quindi, a governare l’utilizzo dei circa 2 exabyte (pari a due milioni di gigabyte) di dati prodotti ogni anno e immagazzinati nelle banche dati e nei cloud di tutto il mondo, saranno ancora gli strumenti disegnati da millenni di evoluzione umana. “Le sinapsi” ha concluso Pani “sono da 10.000 a 50.000 per neurone, pertanto mettendo insieme il numero complessivo di contatti per ogni cervello otteniamo un numero superiore a quello di tutte le stelle visibili nel firmamento”.

I Big Data nel mondo farmaceutico
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